Chissà quante volte avete guardato questa profumatissima erba che cresce in riva al mare… è il “finocchio marino”. Lo sapevate che si mangia ed è anche una valida alternativa ai capperi sulla frisa?

Il nome scientifico è Crithmum marittimum L., comunemente chiamata anche “Erba di mare”. Pianta alofitica che vive sul litorale marino fra le crepe degli scogli e dei vecchi muri o ruderi purché esposti agli spruzzi dell’acqua marina. In estate la vediamo già fiorita (agosto-settembre) e non più idonea per la raccolta.

Il finocchio marino è ricco di polifenoli e vitamina C. I marinai lo portavano con loro per difendersi dallo scorbuto, una malattia dovuta alla carenza di Vitamina C, scoperta intorno agli anni ’30, anche se molto più antica. Lo scorbuto era riscontrato spesso nei marinai: la cottura, la conservazione prolungata, la luce solare e il processo di lavorazione dei cibi causavano la perdita della vitamina. La malattia causa iperpigmentazioni cutanee, cattiva digestione, capelli fragili, rottura dei capillari, sanguinamento delle gengive e ulcere gastrointestinali. Tra i sintomi troviamo anche quelli psichici, quali depressione e isteria (da cui il temine “scorbutico”, che fu associato a una persona irascibile e scontrosa).

Ha proprietà depurative e stimolanti e i rami teneri si raccolgono in maggio-giugno.

Secondo il mito degli Argonauti, il finocchio marino fu servito da Ecate a Teseo per rigenerarlo. Gli inglesi ne fanno largo uso per aromatizzare insalate e burro. Nella scena sesta del quarto atto del Re Lear di Sheakespeare, Edgardo vede un uomo che raccoglie finocchio marino lungo le scogliere di Dover.

Gli steli carnosi, in aceto o in olio (ricette), sono buoni come antipasto e sono utilizzati in abbinamento con il pesce (triglie, saraghi, dentici…)